GLI ANTICHI E IL LORO GENIO

Ospitata nel prestigioso Museo Archeologico di Napoli, la mostra “Eureka! Il genio degli antichi” offre ai visitatori una delle esposizioni più interessanti e complete sulla scienza nel mondo greco. Ideata e curata da un comitato scientifico nel quale spiccano studiosi come Lucio Russo, la mostra è concepita come un vero viaggio nel passato per rivivere le emozioni di una civiltà, quella greca, che ha dato un forte contributo al progresso scientifico ed è stata artefice di numerose scoperte e invenzioni. Con ricostruzioni fedeli e funzionanti di macchine, orologi, strumenti musicali e astronomici, il visitatore ha la possibilità di soddisfare tutte le sue curiosità e di potersi rendere conto dell’influenza dei Greci in applicazioni e campi del sapere come l’astronomia, la matematica, la medicina e molti altri. Lo spazio espositivo, di circa 2200 metri quadri, è suddiviso in tanti settori, ognuno dedicato a un tema specifico: gli autòmata, il teatro, la musica, la pneumatica, la geometria, ecc. Non mancano i reperti archeologici di grande valore provenienti da musei di fama mondiale come il Louvre, il Museo della Scienza di Londra o il Museo Archeologico di Atene, e installazioni esterne. Il tutto è corredato di pannelli e filmati che fanno da guida in questo percorso storico e scientifico.

Il Museo Archeologico di Napoli, ideale per tutti gli appassionati di cultura greca proprio per la quantità di reperti, ha sede in un edificio risalente alla fine del XVI secolo e si basa su tre grandi raccolte: quella Farnese (la più antica); quella derivante dagli scavi di Ercolano, Pompei e Stabia; infine la raccolta di reperti rinvenuti nell’ampio territorio che si estende attorno al museo. A questi tre filoni se ne aggiungono successivi (come la collezione Borgia) oggetto di un nuovo allestimento. Il museo presenta un materiale espositivo di grande valore che spazia da opere scultoree di indubbia fama, pitture, mosaici, fino a una vasta sezione epigrafica e numismatica che include anche oggetti e suppellettili di uso quotidiano riportati alla luce durante gli scavi archeologici.

RACCONTO n°2 – I giochi d’acqua
Eleonora Iacopini

Sono giunti fino a noi manuali di idraulica che risalgono al III secolo a.C. e il cui autore è Filone di Bisanzio. I testi trattano di principi scientifici ma danno anche indicazioni per la costruzione di fontane, lavabi, recipienti a sorpresa e dispositivi per il sollevamento dell’acqua. Un altro autore di testi teorici per la costruzione di opere idrauliche è Erone i cui scritti risalgono al I secolo a.C. e le cui teorie di Erone furono poi oggetto di interesse da parte di altri studiosi durante il medioevo. Recipienti a sorpresa e fontane inesauribili erano gli argomenti principali dei loro trattati e studi. Per le fontane inesauribili o altri recipienti a sorpresa si utilizzavano sifoni curvi o a capsula. Nell’antichità le fontane erano utilizzate principalmente come decorazioni, ma rimangono un valido esempio della dimestichezza che già in quel periodo i greci dimostravano nei confronti della scienza e della tecnica. Questi esperimenti ancora oggi sono così spettacolari e incredibili che non possiamo fare a meno di apprezzarli.

RACCONTO n°3 – Gli Autòmata
Matteo Cavicchioli

Uno dei temi più interessanti della mostra è quello degli automi, ovvero “statue mobili”, vagamente assimilabili ad antenati dei moderni robot. Di queste invenzioni si sa assai poco; sono infatti scarse le fonti letterarie e storiografiche che riguardano l’argomento. Tuttavia è possibile ricercare testimonianze in alcuni miti della tradizione greca, primo fra tutti il mito di Efesto, fabbro degli dei. Una leggenda vuole che il dio, nella sua officina situata in un antro sottomarino e irraggiungibile per gli uomini, realizzasse delle prodigiose opere in metallo. In un episodio dell’Iliade, la dea marina Teti fa il suo ingresso nella misteriosa fucina e trova il fabbro impegnato nella forgiatura di tripodi capaci di muoversi autonomamente. Egli è assistito nel suo lavoro da alcune statue dorate simili a giovani ancelle: ecco che compaiono per la prima volta gli automi come oggetti animati e viventi, anche se la loro funzione è unicamente quella di servire e fare la guardia e non ricoprono alcun ruolo importante. Essi sono solo copie metalliche degli esseri viventi che abitano la Terra, ma sono molto fedeli, provvisti di mente e anima proprio come tutti i mortali, e rispondono perfettamente alle esigenze del loro creatore.

<< E Teti piedi d’argento giunse alla casa d’Efesto…/ E lo trovò sudante, che girava tra i mantici,/ indaffarato; venti tripodi in una volta faceva,/ da collocare intorno alle pareti della sala ben costruita;/ ruote d’oro poneva sotto ciascun piedistallo,/ perché da soli entrassero nell’assemblea divina,/ poi tornassero a casa, meraviglia a vedersi …>>. Iliade XVIII vv.369, 371-377

<<… due ancelle si affaticavano a sostenere il signore,/auree, simili a fanciulle vive;/ avevano mente nel petto e avevano voce/ e forza …>>. Iliade XVIII vv.417-420 (Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti)

Ne Le Argonautiche di Apollonio Rodio fa comparsa Talos, un gigante di bronzo dalla spaventosa forza. L’automa era invulnerabile, eccetto che per una sottile membrana all’altezza della caviglia dove era racchiusa una vena che trasportava la sua linfa vitale. Talos era posto a guardia dell’isola di Creta dal re Minosse, a cui era stato donato dal dio Efesto. Il suo compito era quello di lanciare enormi pietre alle navi nemiche che si avvicinavano all’isola. Gli Argonauti tuttavia riuscirono a sopraffare il gigante grazie all’aiuto di Medea, amante del loro capo Giasone. Mentre Talos era in procinto di scagliare un masso gli Argonauti lo ipnotizzarono con un incantesimo e il gigante, sbilanciatosi, urtò la caviglia contro una roccia appuntita, cosa che gli fu fatale.
All’interno della sezione della mostra dedicata all’argomento è stato possibile osservare raffigurazioni del mito e trovare documentazioni curiose su questa parte della scienza, la robotica, che è forse la più attuale di quel periodo.

RACCONTO n°4 – Il ruolo della musica nell’universo greco
Luca Tonetti

Tra le tante curiosità presentate dai curatori della mostra, interessante è la sezione dedicata alla musica che, per quanto ridotta, permette almeno in parte di ricostruire il ruolo fondamentale che questa ha rivestito nella tradizione greca.
Tanto per cominciare già il nome rende la complessità del concetto di musica: per musica (dal gr. mousichè) non si intendeva solo l’utilizzo del suono ma anche tutte quelle forme artistiche come la poesia e la danza, fondamentali per la trasmissione e la conservazione degli usi e dei costumi greci. Ma quanto ci è rimasto di tutto ciò? Ahimè ben poco, dal momento che questa musica viva era legata fortemente all’improvvisazione ed è rimasta per un lungo periodo essenzialmente orale (fino almeno al IV sec. a.C.). Le testimonianze scritte sono quasi del tutto assenti e per quelle poche presenti sono svariati gli ostacoli che gli studiosi devono affrontare. I pochi componimenti recuperati sono in gran parte frammentari, si riferiscono a un periodo piuttosto tardo (sono escluse l’epoca arcaica e l’età della tragedia) e presentano un linguaggio musicale totalmente diverso da quello attuale. Tutto ciò ha richiesto un complesso processo di decodifica che non sempre ha portato a risultati soddisfacenti o perlomeno condivisi da tutti.
Allora sarebbe spontaneo chiedersi: come è possibile conoscere la musica greca considerate queste difficoltà? Probabilmente l’unico metodo possibile è ricostruire il contesto culturale e quindi il suo ruolo nella società greca attraverso i testi antichi, tra i quali senza dubbio spiccano i poemi omerici per la quantità di informazioni che riportano. Infatti le occasioni pubbliche o private nelle quali erano previsti il canto e la recitazione erano molteplici: basti far riferimento al simposio e pensare all’importanza in questo tipo di incontri della musica, che doveva accompagnare e allietare i discorsi dei convitati.
Nei poemi omerici, come si è già detto, la musica è molto presente. Ad esempio nel I canto dell’Iliade alcuni rappresentanti degli Achei, dopo essersi recati da Crise per restituirgli la figlia, intonano il peana per placare l’ira del dio Apollo:

<< Dunque essi tutto il giorno placarono il dio con il canto,/ un bel peana intonando, i giovani degli Achei,/ cantando il Liberatore; godeva egli in cuore sentendo/…>>. Iliade I vv.472-474

O ancora nel XVIII canto, Efesto raffigura nello scudo di Achille una cerimonia nuziale con danzatori e suonatori:

“Vi fece poi due città di mortali,/ belle. In una erano nozze e banchetti;/ spose dai talami, sotto torce fiammanti/ guidavano per la città, s’alzava molto “Idomeneo!”,/ giovani danzatori giravano, e fra di loro/ flauti e cetre davano suono/ …”. Iliade XVIII vv.490-495 (Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti)

E ovviamente non si può non citare l’Odissea con Femio e Demodoco; essi hanno un ricchissimo repertorio e tutti i convitati li apprezzano per le loro straordinarie capacità.
Nella mostra sono state esposte alcune ricostruzioni di strumenti musicali greci e anche un’opera di Vincenzo Galilei contenente alcuni frammenti dell’Inno di Mesomede, uno dei pochi componimenti musicali greci giunti sino a noi.

CLASSE AUTRICE: Classe I A del Liceo Aristofane di Roma

MATERIALE INVIATO IL 5/03/2006

CHE COSA ABBIAMO VISITATO:

Mostra “Eureka! Il genio degli antichi” al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (11 luglio 2005 – 9 gennaio 2006)

Indirizzo: P.za Museo, 19 – Napoli

Telefono e fax: 848800288

Maggiori notizie sulla mostra si trovano all’indirizzo:

http://www.civita.it/eureka/index.html