“Il Parlamento approva la legge sulla fecondazione assistita”

   Un provvedimento di cui si sentiva certamente la necessità ma che ha lasciato aperti molti interrogativi ed ha scatenato un mare di polemiche: la legge 40/2004.

   Vediamo prima di tutto in cosa consiste la legge: i pilastri fondamentali sembrano essere il divieto delle tecniche eterologhe e la tutela dell’embrione che ha pari diritti, alcuni dicono “maggiori diritti”, rispetto ai genitori.

   La fecondazione assistita potrà essere solo omologa, in altre parole potranno accedervi solo i gameti appartenenti al padre e alla madre, mentre è preclusa a single, gay, madri-nonne e ai donatori in generale. L’identikit dei possibili genitori è questo: una coppia maggiorenne, di sesso diverso, in età potenzialmente fertile, coniugate o conviventi.

   La legge tutela l’embrione nel senso che vieta, tra l’altro, la clonazione ed ogni tipo di manipolazione dell’embrione (no alla sperimentazione, al congelamento, alla ricerca). Cosa accadrà ai circa 27mila embrioni già congelati lo stabilirà il Ministero della Salute.

   In diciotto articoli ecco la legge: l’accesso alle tecniche di procreazione assistita verrà autorizzato solo se verrà dimostrato che non si può eliminare in alcun modo la causa che impedisce la fecondazione naturale; sarà vietata la clonazione e il medico potrà produrre solo gli embrioni strettamente necessari ad un unico e contemporaneo impianto e comunque non più di tre (quelli che, per motivi di salute, non potranno essere impiantati verranno congelati); le tecniche di fecondazione assistita potranno essere eseguite solo nelle strutture autorizzate dalle Regioni ed iscritte in un registro ufficiale dell'Istituto Superiore di Sanità.

Il punto più “contestato”: la legge definisce chiaramente la tutela dei diritti del concepito. In altre parole se la coppia decide di intraprendere la strada della fecondazione assistita difficilmente potrà cambiare idea; l’embrione dovrà essere impiantato e dovrà essere garantito il diritto alla nascita anche se è malformato o se la donna non vuole più procedere.

   Il diritto insindacabile dell’embrione sembra, inevitabilmente, scontrarsi con quello altrettanto insindacabile della madre di scegliere cosa è meglio per il proprio figlio e per la propria vita.

 

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