“La Chiesa
Cattolica risponde”
Pontificia
accademia per la vita X assemblea
generale Comunicato Finale su "La dignità della procreazione umana e le
tecnologie riproduttive. Aspetti antropologici
ed etici”
Alle
affermazioni di chi vuole modificare una legge in parte giusta, la Chiesa
Cattolica risponde per mezzo della “Pontificia Accademia pro Vitae”, attraverso
un comunicato stilato al termine della “X Assemblea Generale della PAV”. Questo
congresso, tenutosi nel Febbraio del 2004, ha avuto come tema principale di
dibattito "La
dignità della procreazione umana e le tecnologie riproduttive. Aspetti
antropologici ed etici". Oltre al punto di vista etico ed antropologico
che la Chiesa Cattolica mantiene riguardo a questo delicatissimo argomento, si
è parlato anche della questione scientifica, portando alla visione degli
interessati e dei curiosi delle sfaccettature fino a quel momento impensabili.
Una di queste è ad esempio la sconcertante quantità di embrioni
(che la Chiesa ritiene esseri umani a tutti gli effetti, e quindi meritevoli di
determinati diritti) che viene lasciata morire in modo a dir poco barbaro al
fine di selezionare il “prototipo perfetto” di bambino che la coppia desidera
concepire e poi “allevare”.
Ed ora ecco il testo originale del “Comunicato Finale” della Pontificia
Accademia per la Vita 21/02/2004:
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
X ASSEMBLEA GENERALE
COMUNICATO
FINALE SU
"LA DIGNITÀ DELLA PROCREAZIONE UMANA
E LE TECNOLOGIE RIPRODUTTIVE.
ASPETTI ANTROPOLOGICI ED ETICI"
febbraio 2004
1.
Quest'anno, nella ricorrenza del
X anniversario della sua istituzione, la Pontificia Accademia per la Vita (PAV)
ha dedicato i lavori della sua Assemblea Generale ad un tema di grandissima
attualità e di forte impatto sociale, che il titolo del convegno ben
esprime: "La dignità della procreazione umana e le tecnologie
riproduttive. Aspetti antropologici ed etici".
2.
Sono ormai passati più di venticinque anni dalla nascita della prima bambina,
originata da un procedimento di fecondazione in vitro. Si calcola che dopo di lei, fino ad oggi, siano nati
in tutto il mondo più di un milione di bambini ottenuti con le medesime
procedure. Durante questi anni, infatti, il ricorso alle tecniche di
riproduzione assistita ha conosciuto una progressiva diffusione in diversi
Paesi del mondo, spingendo in molti casi i governi nazionali ad elaborare norme
legislative specifiche, per regolare le complesse procedure connesse
all'impiego di queste metodiche. Anche la ricerca scientifica in questo settore
ha investito crescenti risorse, umane ed economiche, per cercare di rendere più
"efficaci" le ART (Artificial Reproductive Technologies), senza riuscire, per
altro, ad ottenere un sostanziale innalzamento del tasso globale
di nascite per ciclo di trattamento; tale tasso permane così basso che, se si
verificasse in altri trattamenti medici, sarebbe senza dubbio interpretato come
chiaro segno di un sostanziale fallimento tecnico. Per di più, nel caso della
riproduzione artificiale, un tasso così basso di riuscita, oltre a
rappresentare un dato statistico di fallimento tecnico, ha spesso come triste
conseguenza tanta sofferenza e delusione da parte delle coppie che vedono così,
per questa via, frustrate le loro speranze di divenire genitori.
Purtroppo, questo dato statistico così negativo ha come tragica corrispondenza,
una enorme perdita di embrioni umani, dal momento che
le maggiori difficoltà operative ancora presenti nelle ART riguardano proprio
il momento dell'impianto e lo sviluppo successivo dell'embrione.
3.
Va anche sottolineato come l'intervento della medicina
nell'ambito della procreazione sia iniziato sotto l'egida di una benefica
"cura della sterilità", in molte coppie afflitte da questa
condizione, a fronte di un sincero desiderio di divenire genitori. I dati oggi
disponibili, per altro, dimostrano come la percentuale di
sterilità di coppia sia in aumento, soprattutto nelle società
occidentali, sollecitando la scienza all'impegnativo compito di individuarne le
cause reali e di trovarne i rimedi. Questa finalità originaria, però, nel tempo
è in parte mutata. Da un lato, essa si manifesta talvolta in un atteggiamento
per così dire autocompiacente
che, di fronte ad un gran numero di casi di sterilità da causa indeterminata,
senza preoccuparsi di espletare ulteriori indagini
diagnostiche e cliniche, individua nello sbrigativo ricorso alle ART l'unica
forma di trattamento utile; dall'altro
lato, si intravede all'orizzonte un fenomeno ancor più inquietante: ci
riferiamo all'emergere progressivo di una mentalità nuova, secondo la quale il
ricorso alle tecniche di riproduzione artificiale potrebbe rappresentare
addirittura una via preferenziale,
rispetto a quella "naturale", per mettere al mondo un figlio, poiché
attraverso queste tecniche è possibile esercitare un più efficace
"controllo" sulle qualità del concepito, in relazione ai desideri di
chi lo richiede. Tutto ciò contribuisce a considerare il figlio ottenuto
mediante le ART alla stregua di un "prodotto", il cui valore in
realtà dipende in gran parte dalla sua "buona qualità", sottoposta a
severi controlli ed accuratamente selezionata. La drammatica conseguenza è
l'eliminazione sistematica di quegli embrioni umani che risultino
mancanti della qualità ritenuta sufficiente, per di più secondo parametri e
criteri inevitabilmente opinabili. Non mancano, purtroppo, iniziative
scientifiche e legislative miranti alla produzione, mediante le ART, di embrioni umani da "utilizzare" esclusivamente a
fini di ricerca (il che coincide con la loro distruzione), trasformandoli così
in oggetti da laboratorio,
vittime sacrificali predestinate ad essere immolate sull'altare di un progresso
scientifico da perseguire "a tutti i costi".
4.
Alla luce di tutto ciò, la PAV, in coerenza alle sue finalità istitutive, sente
il desiderio ed insieme la responsabilità di offrire alla comunità ecclesiale e
alla società civile il suo contributo di riflessione, per riproporre
all'attenzione di ogni persona di buona volontà l'altissima dignità della
procreazione umana e dei suoi significati intrinseci.
5.
La venuta all'esistenza di un nuovo essere umano, considerata in se stessa, è
sempre un dono e una benedizione: "Ecco,
dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo" (Sal. 126, 3). Ogni uomo, infatti, fin dal primo momento
della sua vita, è il segno tangibile dell'amore fedele di Dio per l'umanità, è
l'icona vivente del "sì" del Creatore alla storia degli uomini, una
storia di salvezza che si compirà nella piena comunione con Lui, nella gioia
della vita eterna. Ciascun essere umano, infatti, fin dal suo concepimento, è
un'unità di corpo ed anima, possiede in se stesso il principio vitale che lo
porterà a sviluppare tutte le sue potenzialità, non solo biologiche, ma anche
antropologiche. Perciò, la dignità - che è dignità di persona umana - di un
figlio, di ogni figlio, indipendentemente dalle
circostanze concrete in cui ha inizio la sua vita, resta un bene intangibile ed
immutabile, che richiede di essere riconosciuto e tutelato, tanto dai singoli
quanto dalla società nel suo insieme.Tra tutti i
diritti fondamentali che ogni essere umano possiede
fin dal momento del suo concepimento, il diritto alla vita rappresenta
certamente quello primario, in
quanto costituisce la condizione di possibilità per la sussistenza di tutti gli
altri diritti. In base ad esso, ogni essere umano,
soprattutto se debole o non autosufficiente, deve ricevere un'adeguata tutela
sociale da ogni forma di offesa o violazione sostanziale della sua integrità fisico-psichica.
6.
Proprio questa inalienabile dignità di persona, che
appartiene ad ogni essere umano fin dal primo momento della sua esistenza,
esige che la sua origine sia la conseguenza diretta di un adeguato gesto umano
personale: solo il reciproco dono d'amore sponsale di un uomo e di una
donna, espresso e realizzato nell'atto coniugale, nel rispetto dell'unità
inscindibile dei suoi significati unitivo e
procreativo, rappresenta il contesto degno per il sorgere di una nuova vita
umana. Questa verità, da sempre insegnata dalla Chiesa, trova piena
corrispondenza nel cuore di ogni uomo, come
sottolineano le recenti parole di Giovanni Paolo II: "Sempre di più
emerge l'imprescindibile legame
della procreazione di una nuova creatura con l'unione sponsale, per la quale lo
sposo diventa padre attraverso l'unione coniugale con la sposa e la sposa
diventa madre attraverso l'unione coniugale con lo sposo. Questo disegno del
Creatore è inscritto nella natura
stessa fisica e spirituale dell'uomo e della donna e, come tale, ha
valore universale" (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla X
Assemblea Generale della PAV, 21/02/2004, n. 2).
7.
Ribadiamo pertanto la ferma convinzione che le
tecniche di riproduzione artificiale, lungi dall'essere una reale terapia per
la sterilità di coppia, rappresentano una modalità non degna del sorgere di una
nuova vita umana, il cui inizio dipenderebbe così in gran parte dall'azione
tecnica di terze persone esterne alla coppia e si realizzerebbe in un contesto
totalmente avulso dall'amore coniugale. Nel ricorso alle ART, infatti, gli sposi
non partecipano in alcun modo al concepimento del figlio col dono reciproco,
insieme corporeo e spirituale, delle loro persone, attraverso l'atto coniugale.
Anche il Papa ha voluto richiamare questa verità, con
le seguenti parole: "L'atto in cui lo sposo e la sposa diventano
padre e madre attraverso il reciproco dono totale li rende cooperatori del
Creatore nel mettere al mondo un nuovo essere umano, chiamato alla vita per
l'eternità. Un gesto così ricco, che trascende la stessa vita dei genitori, non
può essere sostituito da un mero intervento tecnologico, impoverito di valore
umano e sottoposto ai determinismi dell'attività tecnica e strumentale"
(Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti alla X Assemblea Generale della
PAV, 21/02/2004, n. 2).
8.
Oltre a queste ragioni di principio, sono poi alcune circostanze concrete nella applicazione delle ART, alla luce delle attuali
possibilità tecniche, ad aggravare il giudizio etico negativo su di esse. Tra
queste, vogliamo ricordare soprattutto l'enorme numero di embrioni
umani persi o distrutti in seguito a queste procedure, una vera "strage
degli innocenti" dei nostri tempi: nessuna guerra o catastrofe ha
mai causato tante vittime. Accanto ad essi, vi sono
anche gli embrioni che, per varie ragioni, finiscono per essere crioconservati; essi, se rifiutati dai committenti, "rimangono esposti
a una sorte assurda, senza possibilità di offrire loro sicure vie di
sopravvivenza lecitamente perseguibili" (CDF, Donum
Vitae II, 5). Ogni ulteriore riflessione su questo punto,
ed in particolare circa la questione della possibilità (teorica e reale) di una
eventuale adozione pre-natale di questi embrioni "soprannumerari",
richiederebbe tra l'altro l'analisi approfondita di dati scientifici e
statistici pertinenti, di fatto non ancora disponibili in letteratura.
Pertanto, la PAV ha ritenuto prematuro, durante questa Assemblea,
affrontare direttamente la questione.Ancora, va
sottolineato come l'attuazione e il miglioramento delle tecniche di
riproduzione artificiale, il cui tasso di efficacia è oggettivamente molto
basso, richiedano l'investimento di notevoli risorse sanitarie ed economiche,
così sottratte alla necessità di cura di altre patologie ben più gravi e
diffuse, dalle quali spesso dipende la sopravvivenza stessa di interi gruppi
umani. Nel caso, poi, della modalità "eterologa"
delle ART ( in caso di ricorso alla donazione di gameti da parte di un soggetto
esterno alla coppia), siamo in presenza di un ulteriore elemento che aggrava il
giudizio etico già negativo. L'unità coniugale della coppia, infatti, viene offesa e violata dalla presenza di una terza persona
(talvolta anche di una quarta), che sarà poi uno dei veri genitori biologici
del figlio richiesto. In più, viene sostanzialmente
violato il diritto del neoconcepito ad avere come genitori un uomo ed una
donna, da cui abbia origine la sua struttura biologica e che si prendano
stabilmente cura della sua crescita e della sua educazione. Riteniamo, invece,
moralmente lecita la messa in atto, qualora ve ne sia la effettiva
necessità, di eventuali interventi tecnici che, senza sostituirsi ad esso,
siano destinati a facilitare l'atto coniugale naturalmente compiuto o ad
aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi naturali (cfr.
CDF, Donum Vitae II, 6).
9.
L'eventuale sterilità, per una coppia di sposi desiderosi di trovare "nel
figlio una conferma e un completamento della loro donazione reciproca" (Donum Vitae, II, 2), indubbiamente può costituire un reale motivo di grande
sofferenza ed essere fonte per loro di ulteriori problemi. Non v'è dubbio che
un tale desiderio sia, in se stesso, più che legittimo e segno positivo di un amore coniugale che vuole crescere e
compiersi in ogni sua espressione. Tuttavia, occorre ribadire
che un più che comprensibile e lecito "desiderio del figlio" non può
mai trasformarsi in un pretenzioso "diritto al figlio" e, per di più,
"a tutti i costi". Nessuno uomo può vantare il diritto all'esistenza
di un altro uomo, altrimenti quest'ultimo sarebbe
posto su un piano di inferiorità valoriale rispetto a
colui che vanta il diritto. In realtà, un figlio non può mai essere inteso come
un "oggetto del desiderio" da avere ad ogni costo, bensì come un
preziosissimo dono da accogliere con amore, qualora giunga. Gli sposi sono chiamati a creare tutte le
condizioni necessarie, attraverso il loro reciproco dono d'amore coniugale,
perché possa iniziare una nuova vita, ma non possono lecitamente determinarne
il sorgere fino a commissionarne
la "produzione" in laboratorio, ad opera di
tecnici che nulla hanno a che vedere con la coppia stessa. Ci sembra piuttosto
che debbano essere accolti con grande favore ed
incoraggiati tutti gli sforzi che la medicina moderna può produrre nel
tentativo di curare le forme di sterilità coniugale, come lo stesso Pontefice
ha ricordato: "Desidero incoraggiare
le ricerche scientifiche volte al superamento naturale della sterilità nei
coniugi, così come desidero esortare gli specialisti a mettere a punto
quegli interventi che possono risultare utili a tale scopo. L'auspicio è che
sulla strada della vera prevenzione e dell'autentica terapia la comunità
scientifica - l'appello va in particolare agli scienziati credenti - possa
ottenere confortanti progressi" (Giovanni Paolo II, Discorso ai
partecipanti alla X Assemblea Generale della PAV, 21/02/2004, n. 3). A conferma
della sincerità di questi auspici, vogliamo ricordare che, durante questa Assemblea Generale della PAV, sono stati presentati
alcuni programmi concreti, di notevole interesse scientifico, per la cura ed il
trattamento di alcune forme di sterilità di coppia. Il dono della fecondità
coniugale, comunque, va concepito in maniera ben più
ampia della sola dimensione della fertilità biologica. L'amore sponsale, come
concreta manifestazione dell'amore di Dio per l'umanità, sempre è chiamato ad amare, servire, difendere e promuovere la vita umana (cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium
Vitae, n. 29) in tutte le sue dimensioni, anche quando di
fatto non può generarla biologicamente. Perciò, sentendoci profondamente
vicini alle coppie di sposi, che ancora non riescono a trovare nella medicina
una soluzione alla loro condizione di sterilità, fraternamente le incoraggiamo
ad esprimere e realizzare ugualmente la loro fecondità coniugale, ponendosi con
generosità a servizio delle molteplici situazioni umane bisognose di amore e di condivisione. Fra queste meritano una
particolare menzione gli istituti sociali dell'adozione e dell'affidamento
familiare, per i quali auspichiamo normative giuridiche sempre più in grado di
assicurare le dovute garanzie e, allo stesso tempo, dei tempi rapidi per gli
adempimenti burocratici.
10.
Un ultima notazione, infine, vogliamo riservare alla
questione del ruolo dei parlamentari cattolici di fronte alle leggi ingiuste,
nel campo della riproduzione artificiale umana.Ci
dichiariamo in piena sintonia con la norma morale generale, affermata dalla
dottrina cattolica, secondo cui una legge intrinsecamente ingiusta, che viola
palesemente la dignità della vita umana -
come ad esempio nel caso della legalizzazione
dell'aborto o dell'eutanasia -, deve trovare da parte dei credenti una ferma
opposizione, mediante l'istituto dell'obiezione di coscienza. Per un cattolico
non è mai lecito "né partecipare ad una campagna di opinione
in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio
voto" (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n.
73).Tuttavia, la stessa ratio
della norma spinge ad interrogarsi su quali modalità d'azione possano essere
considerate moralmente lecite, nel caso in cui il voto parlamentare di uno o
più cattolici risultasse determinante per abrogare (totalmente o parzialmente)
una legge ingiusta già in vigore, oppure per sostenere una nuova formulazione
di essa che ne limiti gli aspetti iniqui. In un tale contesto,
dare il proprio suffragio - dopo aver manifestato pubblicamente la propria
ferma disapprovazione per gli aspetti iniqui della legge stessa - risulta
giustificabile eticamente, nell'ottica
dell'ottenimento del maggior bene possibile e della massima riduzione del danno
in quel momento ottenibile. Il parlamentare cattolico,
infatti, in simili circostanze, sarebbe moralmente responsabile solo degli
effetti derivanti dall'abrogazione (totale o parziale) di detta legge, mentre
la permanenza degli elementi iniqui sarebbe imputabile unicamente a chi li ha
voluti e sostenuti. Del resto, occorre ricordare come esista
per ciascuna persona, hic et nunc, il preciso dovere morale di fare tutto il bene
concretamente possibile e non si può negare che eliminare o diminuire un male
costituisce, di per sé, un bene.